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The place to be - "Il posto dove stare"

VIDEOZONE

Emanuele Concadoro

The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020
The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020
The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020
The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020
The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020
The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020
The place to be – “Il posto dove stare”, Emanuele Concadoro presso VIDEOZONE – 15 maggio 2020

“Mi chiamo Lele Concadoro, ho 40 anni e sono Co-Fondatore di Videozone Creative Production. Da qualche anno sono il Responsabile di Produzione della società e firmo anche diverse regie di spot e documentari.

Videozone è una casa di produzione e post-produzione di Milano fondata nel 2007 da me e altri 4 amici, poi diventati soci co-fondatori. Abbiamo creato questa società dal nulla, cavalcando l’onda dell’era digitale e facendo leva sulle esperienze specifiche di ognuno di noi. L’intento era fornire al cliente (agenzie di comunicazione, emittenti tv o clienti diretti e brand) un unico punto di riferimento, con l’idea vincente di evitare, dopo il brief dell’idea creativa, i classici molteplici passaggi da casa di produzione a service, da service a post-produzione, da post-produzione ad emittente tv, riunendo quindi diverse competenze in un’unica realtà.

La cosa ha funzionato bene e la prova è che oggi diversi competitor tendono allo stesso modello.

La passione per la nostra attività e il buon clima di amicizia e collaborazione tra noi, ci hanno portato quasi a quadruplicare la forza lavoro: oggi abbiamo 16 dipendenti più 3-4 freelance che gravitano più o meno regolarmente attorno alla nostra realtà.

Il nostro studio si trova in via Pestalozzi 4, proprio nella stessa location che ha ospitato per tanti anni il Jungle Sound Station, il tempio della Musica Rock Alternative milanese e non solo. Da qua sono passati artisti del calibro di Iggy Pop, Metallica, Oasis, Nirvana, Shakira, Vasco Rossi, Zucchero, Gianna Nannini, Jovanotti, Ritmo Tribale, Afterhours. E proprio qui, nel lontano 1995-1996, venivo anch’io a suonare metal,  con il mio gruppo di amici del liceo. Un po’ per i passaggi artistici straordinari, un po’ per il mio legame personale, l’essere ancora qui oggi per me è un vero e proprio “rito psicomagico”, come direbbe Alejandro Jodorowsky.

Purtroppo, in pochissimo tempo è cambiato tutto: gli eventi sono completamente fermi ormai da più di due mesi, così come le produzioni pubblicitarie, televisive e cinematografiche. Come avviene in tutte le situazioni che comportano cambiamenti radicali, chi non avrà la capacità di adattarsi non se la passerà bene e nel peggiore dei casi non ce la farà proprio.

Il 18 febbraio 2020, con la conferma del primo caso di un cittadino italiano positivo al Covid-19 a Codogno; e l’8 marzo, con la comunicazione da parte delle istituzioni dell’avvio del lockdown, saranno date tristemente indimenticabili.

Questa situazione mostruosa non ha dato modo a quasi nessuno, specialmente nel nostro settore lavorativo, di poter prevedere o anticipare una strategia e una programmazione alternative. Ci siamo trovati dall’oggi al domani senza commesse, a casa, con una totale mancanza di sicurezze e garanzie per il futuro. Ogni giorno che passa senza produrre per noi è un debito, un passo verso il baratro ed è difficile reagire.

Milano e i suoi cittadini hanno però dimostrato in passato di poter reagire con dignità e orgoglio anche alle fasi storiche più difficili. La mia speranza quindi è che il mondo del lavoro ritrovi quella linfa vitale che è essenziale non solo per la nostra città ma per l’intero paese.

Anche noi, nel nostro piccolo, ci siamo da subito attrezzati: per lavorare in smart-working e per sviluppare nuovi processi e tecnologie, lanciando un servizio inedito in Italia: Videozone Virtual Production.

Sono convinto che si possa fare business con la qualità e non solo con i grandi numeri. La tecnologia sicuramente aiuta a ottimizzare i processi permettendo di focalizzarsi sulla resa: nel caso del nostro ultimo progetto, abbatte i tempi e gli spazi tra produzione e post-produzione video. Oggi stiamo addirittura lavorando a un set virtuale ultra-fotorealistico di Marte. Se un cliente volesse lanciare un suo prodotto simulando di essere il primo uomo atterrato sul pianeta rosso, potrebbe farlo potenzialmente in diretta dal nostro studio ed essere super credibile: la resa filmica è davvero eccezionale. Tempo fa per fare una cosa del genere ci sarebbero voluti mesi, almeno una trentina di persone in location e diverse centinaia di migliaia di euro di budget. Oggi un solo conduttore può venire nel nostro studio e utilizzare tecnologie in remoto per effetti stupefacenti. La ricerca dell’eccellenza e dell’alta qualità è la strada più difficile da seguire, ma è ancora quella che premia.

I Brand devono ritrovare il coraggio di investire, perché questo momento si presta a rivoluzionare il sistema della comunicazione e perché, se ce la faremo, sarà anche grazie alle aziende che avranno deciso di osare, crederci ed essere presenti.

Milano ha tutti gli elementi per essere protagonista di questo cambiamento e soprattutto credo che la ferita aperta da questo virus, si possa rimarginare solo con uno slancio quasi eroico.

Le istituzionali sono in una posizione cruciale: se faranno sentire la propria vicinanza, supportando in tutto e per tutto le piccole e medie imprese, gli artigiani, i freelance, che sono il tessuto economico e sociale sano di questo paese, guadagneranno in rispetto, credibilità e slancio per il futuro. In caso contrario si trasformeranno in un classico castello di sabbia che si sgretola alla prima folata di vento o alla prima onda.

Vorrei che le istituzioni concretizzassero sostegni e sovvenzioni alle realtà sane, partendo con un ordine meritocratico e arrivando a tutti, cercando di rendere i processi meno burocratici e tutelando chi lavora, velocizzando i pagamenti; se prima con malcontento si provava ad attendere pagamenti per 90-120 giorni e oltre, oggi non è più pensabile.  

Alle istituzioni direi: “agite come il buon capofamiglia, perché non c’è cosa peggiore di vedere i propri figli sparire, forse per sempre”.”

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