“Sono Ferdinando Bruni, ho 67 anni, sono uno dei fondatori della compagnia del Teatro dell’Elfo e, insieme a Elio De Capitani, direttore artistico del Teatro Elfo Puccini – Teatro d’arte contemporanea di Milano.
La compagnia del Teatro dell’Elfo nasce negli anni Settanta, approda al Teatro Puccini nel 2010, restituendo alla città di Milano un teatro storico di inizio Novecento, rimasto chiuso per molti anni. È la prima multisala teatrale italiana (sala Shakespeare – 500 posti, sala Fassbinder – 200 e sala Bausch – 100).
Produciamo, organizziamo ed ospitiamo spettacoli per 11 mesi all’anno. Abbiamo 6.500 abbonati e nel 2019 abbiamo registrato circa 150.000 presenze.
È un momento particolarmente drammatico della nostra storia teatrale, personale e collettiva. La crisi che il mondo sta affrontando è paradossalmente globale e al tempo stesso individuale.
Il Teatro dell’Elfo è vuoto, le nostre platee deserte, le luci spente. Come tutti i luoghi di spettacolo in Italia ha chiuso il sipario e al momento non sappiamo quando potrà riaprirlo. Eppure proprio in questa dolorosa circostanza, in questi giorni sospesi, sentiamo come non mai il potere enorme della nostra arte, la sua incontestabile necessità, la sua centralità nella creazione di qualunque società che voglia dirsi civile.
Siamo costruttori di società e abbiamo doveri sociali, abbiamo rapporti stretti col territorio in cui operiamo, solidi rapporti con enti locali e istituzioni culturali che ci rendono coscienti delle grandi responsabilità che il nostro ruolo comporta, in quanto propugnatori di un’idea antica e al tempo stesso rivoluzionaria: la necessità imprescindibile dell’arte teatrale, della sua diffusione a tutti i livelli della società e del suo rinnovamento nelle forme e nei contenuti.
E comunicare è allora, in senso proprio, il verbo che ci definisce: stare insieme, frequentare un luogo comune capace miracolosamente di comprendere nei propri fluttuanti confini giovani e adulti, pubblico – nel senso di individui coi quali condividere un discorso – e artisti, le voci dei morti e le voci di chi ancora non è nato. Perché l’idea di società che emana dal teatro è, per sua stessa natura, estesa oltre i viventi. Il teatro è un ponte tra il passato e il futuro, dall’alto del quale possiamo guardare il presente da una distanza che forse ce ne permette una lettura.
Le grandi, violente, a volte drammatiche sollecitazioni che ci arrivano dalle vicende del mondo contemporaneo devono a nostro avviso trovare spazio di elaborazione, riflessione comune e sintesi artistica all’interno del teatro e al teatro spetta il compito non scontato di cercare un linguaggio che trovi la strada per incidere sulle coscienze contemporanee attraverso i suoi antichissimi strumenti: l’emozione e la condivisione.”